NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

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drillo65
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#341 Messaggio da leggere da drillo65 » martedì 2 aprile 2013, 10:05

Serve incentivare i generici
per fare ricerca su nuovi farmaci

" Due numeri soltanto,2600 contro 175, si tratta di dollari e questi numeri corrispondono a un mese di trattamento con Glivec per un ammalato di leucemia (quella che i medici chiamano mieloide cronica). Se si usa il Glivec di Novartis sono 2.600 dollari appunto, se si usa quello fatto in India da Cipla, una grande compagnia di generici, solo 175 dollari. Come dar torto alla decisione della Corte suprema dell’India in un caso così? Presa per di più dal tribunale di un Paese emergente (ma con tantissimi poveri) che sa produrre farmaci generici come nessun altro al mondo. Quell’industria consente a tanti ammalati nei Paesi poveri di curarsi con farmaci simili a quelli di marca a un costo ragionevole, se non fosse per l’India tutta questa gente morirebbe. Fra l’altro aprire ai generici fa scendere il prezzo dei farmaci griffati e lo si è visto con l’Aids - da 10.000 dollari a 150 per un anno di trattamento - un po’ perché se lo fai, altri cominciano a farlo, un po’ perché molte delle compagnie di generici sono affiliate a grandi multinazionali. Ma queste di solito sono contro decisioni come quella dei giudici di New Delhi; secondo Novartis «essere protetti da brevetti è fondamentale per poter continuare a investire in farmaci sempre più nuovi». È davvero così? Non proprio. Si parla tanto di nuovi farmaci antitumorali che ci consentiranno di vincere il cancro. In realtà ce ne sono molto pochi. Glivec è l’eccezione non la regola. Il 23 dicembre 1971 Richard Nixon dice fra l’altro «Sto per firmare una legge che ci consentirà di battere il cancro nel giro di pochi anni, faremo tutto quello che serve e avremo a disposizione tutti i soldi necessari». Sono passati più di 40 anni, ha vinto il cancro. Servirebbe «una cura per la ricerca sul cancro» ha scritto Harnold Varmus su Nature Medicine qualche anno fa. E non ci sono cure per le malattie degenerative del sistema nervoso, e non ci sono nuovi antibiotici (che è pure peggio). L’industria insomma non ha quasi farmaci nuovi. Perché? Un po’ perché le cose più facili da scoprire sono già state scoperte, un po’ perché più si è protetti per quello che c’è già magari, con piccole modifiche (che non sono vera innovazione, fanno notare i giudici indiani), meno val la pena di rischiare in farmaci davvero nuovi. E l’agenzia europea che registra i farmaci si adegua. Cosa si chiede a un nuovo farmaco per poter essere messo sul mercato? Che abbia qualcosa di più e di meglio di quelli che ci sono già? No. Per l’Europa bastano «qualità, efficacia e sicurezza». Così non c’è ragione per l’industria di innovare, non abbastanza. Salvo che per le malattie rare, per quelle ci sono da un po’ di anni incentivi brevettuali e fiscali. E l’industria si è adeguata: il Glivec che ha guarito tanti ammalati e fatto la fortuna di Novartis fu registrato per una malattia rara. Ed è un farmaco così efficace che poi le indicazioni si sono estese ad altri tumori, inclusi alcuni dell’intestino. Gli incentivi a investire in malattie rare hanno prodotto altri farmaci efficaci (e costosissimi). Malattie genetiche per cui una volta i bambini morivano, oggi guariscono con farmaci da infondere una volta ogni 15 giorni o una volta al mese, per sempre. Un anno di trattamento può costare 100 mila euro, anche 300 mila in certi casi. Chi paga? Da noi il servizio sanitario nazionale, ma i soldi sono sempre quelli, nessuno potrà mai dire alle mamme di quei bambini «il farmaco ci sarebbe, ma costa troppo, l’Italia non se lo può permettere», così dobbiamo risparmiare da qualche altra parte. Con i generici per esempio. È nell’interesse di tutti, anche dell’industria, che dopo aver investito moltissimo per un farmaco davvero nuovo, lo vuole vendere. Giusto, ma si può fare solo se tutti rinunciano a qualcosa. E in America latina, Africa, India, Cina e certe regioni dell’Asia è anche peggio, malattie rare ce ne sono come da noi, ma sistemi sanitari che si possano permettere i farmaci no, e pochi hanno i soldi per comperarli. Novartis, che con l’India a insistere sul brevetto secondo me ha sbagliato, aiuta però gli ammalati di leucemia mieloide cronica nei Paesi poveri dando Glivec a un prezzo molto basso. Dovrebbero farlo tutte le grandi multinazionali, i farmaci davvero efficaci sono pochi e per ciascuna malattia anche gli ammalati sono pochi. Perché non lanciare un grande progetto di ricerca? Si potrebbe chiamare «salviamo giovani vite», se ne avvantaggerebbero tutti."

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#342 Messaggio da leggere da desertstorm » martedì 2 aprile 2013, 20:06

Drillo ma è vero che nella realizzazione di un farmaco equivalente vi è una percentuale di tolleranza (anche abbastanza rilevante) relativamente alla quantità del principio attivo del farmaco ?

Oppure il farmaco equivalente nasce con l'obbligatorietà di avere la stessa identica dose di quello "originale" ?


Perche chiedo questo?

Per anni ho assunto il lucen o il nexium comprato a mie spese e pagandolo circa 28 euri qualche anno fa e circa 9 euri ora che è scaduto il brevetto ed esiste quello equivalente (esomeprazolo).
Ovviamente l'equivalente costa meno, ma l'ho provato per un mese e ho notato che con l'equivalente dopo circa una quindicina di giorni ritorna la pirosi, con il nexium o lucen, no.

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#343 Messaggio da leggere da palla » martedì 2 aprile 2013, 20:41

Se non vado errato nei farmaci equivalenti la quantita' del principio attivo puo' variare del +/- 20% ma spesso sono l'uso di diversi eccipienti che fanno la differenza nella assorbimento del farmaco e nelle eventuali reazioni avverse. Drillo, me l'hanno raccontata bene i colleghi del farmaco o portano solo acqua al loro mulino?

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#344 Messaggio da leggere da drillo65 » martedì 2 aprile 2013, 22:11

Purtroppo il discorso non è così semplicistico. :fainted: Innanzitutto bisogna considerare alcuni principi quali:

Il principio di bioequivalenza
Quando due persone dello stesso sesso, peso ed età assumono una compressa di un medicinale, ciascuno prelevandola dalla stessa confezione, la concentrazione plasmatica, il tempo in cui viene raggiunta nell'organismo la concentrazione massima, il tempo di eliminazione e altri parametri cinetici del farmaco non sono mai completamente sovrapponibili. Infatti , per la stessa dose di farmaco, con la stessa formulazione (eccipienti etc) si può trovare una differenza, nei parametri di bioequivalenza, di +/- 10% rispetto al valore medio.
Queste differenze non dipendono dal farmaco ma dall'individuo, in grado di influire sulla risposta terapeutica. Ecco perché si ritiene questo intervallo accettabile anche per definire la bioequivalenza di due prodotti con lo stesso principio attivo.
Ne consegue quindi che due prodotti sono bioequivalenti quando, in condizioni sperimentali simili (stessa quantità assorbita e stessa velocità di assorbimento) hanno una biodisponibilità simile.

Pricipio di similitudine tecnologica.
Due medicinali, per essere perfettamente uguali devono essere licenziati dallo stesso impianto di produzione, avere un'identica composizione in princìpi attivi (i quali devono avere la stessa granulometria e non devono presentare significative differenze percentuali in termini di eventuali polimorfi) ed in eccipienti; infine devono essere state sottoposte alla stessa lavorazione tecnologica.
Questo, come vedremo, significa che il medicinale definito equivalente non è mai perfettamente uguale al prodotto imitato, ma "essenzialmente simile". Tuttavia, le differenze non devonoessere tali da comportare risultati terapeutici significativamente differenti nella popolazione. In altri termini, il medicinale equivalente è, per definizione, terapeuticamente equivalente al prodotto imitato.

Principio di equivalenza terapeutica.
Due prodotti farmaceutici sono considerati bioequivalenti quando i loro profili concentrazione-tempo, ottenuti con la stessa dose somministrata, sono così simili che è improbabile producano differenze rilevanti negli effetti terapeutici e/o avversi.Gli studi di bioequivalenza non utilizzano parametri clinici di efficacia, bensì si limitano a confrontare la biodisponibilità sistemica di due prodotti. I test di bioequivalenza sono basati sul confronto statistico di parametri farmacocinetici che caratterizzano la biodisponibilità dei due prodotti: generalmente vengono usati i parametri AUC, Cmax e tmax; però, quando ciò non è possibile, si può ricorrere a parametri relativi all'escrezione urinaria o a parametri farmacodinamici direttamente correlabili con l'esposizione al farmaco. In pratica, i test di bioequivalenza consistono nel dimostrare che le differenze di biodisponibilità, che inevitabilmente esistono tra due prodotti essenzialmente simili, non superino un certo intervallo di variazione.Distinguiamo:
bioequivalenza: equivalenza media di due farmaci aventi profilo di biodisponibilità accettabilmente simile (compreso circa nel 20% in più o meno);
equivalenza terapeutica: parametro presunto in base ad una bioequivalenza media compresa nei parametri di accettabilità.

Intervallo di bioequivalenza.
L'intervallo di bioequivalenza è uno standard stabilito convenzionalmente attribuendo maggior rilievo alla variabilità del comportamento in vivo della formulazione piuttosto che la variabilità della risposta terapeutica nella popolazione dei pazienti. Un intervallo di bioequivalenza così ampio e, soprattutto, non differenziato per categoria terapeutica e per classe farmacologica, tende a trascurare le altre variabili farmacologiche e cliniche che possono incidere significativamente sull'equivalenza terapeutica di due prodotti e potrebbe essere talvolta inadeguato a garantire con sufficiente affidabilità che due prodotti giudicati bioequivalenti siano anche terapeuticamente equivalenti quando usati in una popolazione reale di pazienti. Al contrario, in alcuni casi l'intervallo di bioequivalenza potrebbe rivelarsi troppo stretto tanto da indurre in errore e portare ad escludere, sulla base del test di bioequivalenza, che due prodotti siano terapeuticamente equivalenti, mentre in realtà lo sono quando applicati ad una popolazione reale di pazienti.
Nonostante queste difficoltà, gli studi di bioequivalenza sono ritenuti sufficientemente adeguati per stimare in modo surrogato l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni, essenzialmente simili, contenenti lo stesso principio attivo.

Dicono i Sacri Testi:
"Il valore ± 20% è stato scelto perché i fenomeni biologici sono variabili, infatti due unità posologiche dello stesso farmaco, somministrate a due differenti soggetti o in diversi momenti, danno curve di biodisponibilità differenti entro un range del ± 20%.
Con accordi internazionali, si è stabilito che gli intervalli di confidenza del 90% (IC 90%) dei quozienti fra la media delle AUC e delle Cmax tra il riferimento e l'equivalente rientri nel limite prefissato del +/-20%, che equivale ad un limite da 0,8 a 1,25 in scala logaritmica, in questo modo l'intervallo 0,80 - 1,25 esprime la variabilità della risposta farmacocinetica che è caratteristica intrinseca del farmaco, normalmente simile tra Test e Riferimento. La scala logaritmica è necessaria in quanto la distribuzione di probabilità è di tipo logaritmico. Così, l'intervallo 0,80 - 120% rispetto all'originator diviene ln 0,80 = - 0,223 e quindi, per simmetria, all'estremo superiore (120%) deve essere di segno opposto, che in numeri naturali porge exp(0,223) = 1,25 . "

Ecco,Palla; in pratica dove possono aver pescato quel 20% i colleghi del farmaco(ma che permettimi,in questo caso o te l'hanno fatta facile facile o di farmaco ne capiscono poco) :fainted:

Desert, è pressochè impossibile dire perchè UN CERTO farmaco vada bene ad UN CERTO individuo ed uno,a questo punto ci vuole,equivalente NO.

Non ultimo l'effetto placebo o l'abitudine dell'organismo a quella formulazione.quello che ti posso dire è la legge 2002 l'ultima per cosi dire tecnica,mentre quella del 2005 è ordinativa:
". I medicinali, aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione; tale disposizione non si applica ai medicinali coperti da brevetto sul principio attivo (Legge 178/2002, ndDarimar)."
In pratica se non hanno la stessa quantità disponibile di principio attivo il SSN non le rimborsa. :=
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#345 Messaggio da leggere da palla » martedì 2 aprile 2013, 22:22

Mille grazie per la dotta spiegazione :)
P.S. si, mi hanno somministrato la versione che io chiamo "omogeneizzato" dato che da 25 anni mi occupo di dispositivi medici ma non ho mai trattato farmaci. Pero' anche io ho notato differenze di efficacia in diversi farmaci o pomate tra l'originale ed il generico e sempre a sfavore del generico. Sono stato solo sfortunato?

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#346 Messaggio da leggere da desertstorm » martedì 2 aprile 2013, 22:29

Thanks. :) :)

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#347 Messaggio da leggere da NickStick » mercoledì 3 aprile 2013, 23:45

Roma, 7 gen. (Adnkronos Salute) - Topi completamente ciechi hanno riacquistato la vista grazie all'iniezione nell'occhio di cellule sensibili alla luce. A rivelarlo è una ricerca dell'Università di Oxford (Uk) che spera con questo primo passo di mettere a segno una terapia per le persone colpite da una malattia degenerativa degli occhi. Ad esempio per chi è affetto da retinite pigmentosa. Una patologia che causa una graduale perdita delle funzionalità delle cellule della retina sensibili alla luce e può portare alla cecità.

I ricercatori hanno iniettato nell'occhio dei topi delle cellule precursori che una volta stabilizzatesi, sono bastate due settimane, si sono trasformate in elementi costitutivi di una nuova retina. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista 'Proceedings of the National Academy of Sciences'. "Abbiamo ricreato l'intera struttura della retina - afferma Robert MacLaren, autore della ricerca - ed è la prima prova che prendendo un topo completamente cieco si è riusciti a ricostruire l'intero strato della retina sensibile alla luce".

http://www.adnkronos.com/IGN/Daily_Life ... 00651.html

http://www.eye.ox.ac.uk/research/retina ... blind-mice
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#348 Messaggio da leggere da drillo65 » giovedì 4 aprile 2013, 14:58

Come quasi sempre,quando un articolo tratto da una rivista scientifica viene "tradotto" da un giornale "popular"

i fischi diventano fiaschi e le pere diventano mele. :fainted: :fainted: :fainted:

Dall'articolo originale http://www.pnas.org/content/early/2013/ ... l.pdf+html si evince come questo studio sia

stato condotto per creare una possibile,futura e,per il momento ancora insplorata, procedura terapeutica per la retinite pigmentosa,

malattia degenerativa multifattoriale della retina,e solo per questa!Naturalmente si tace sul fatto che le cellule donatrici,che non sono staminali,

ma cellule retinoidi ancora indifferenziate siano state ottenute sacrificando altri roditori,ma si dà solo ad intendere che abbiano trovato

una cura miracolosa per la cecità in toto. :x

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#349 Messaggio da leggere da NickStick » giovedì 4 aprile 2013, 23:26

Spesso e' cosi' ma non mi pare cosi' in questo caso.

Sebbene sintetica la notizia e' riportata correttamente.

La ricerca non e' limitata alla retinite pigmentosa ma alle possibilita' di riparazione della retina "degenerata" mediante cellule. D'altronde la degenerazione retinica puo' portare alla cecita'.

Se dei topi sono stati sacrificati... beh, se penso ai polli che ho mangiato...

La notizia l'ho citata per comodita' di traduzione, mentre l'altro link serviva proprio per chi voleva approfondire... ;)
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#350 Messaggio da leggere da drillo65 » venerdì 5 aprile 2013, 13:15

No,Nick,il mio appunto non era rivolto a te,ma al taglio che spesso hanno questi pezzi.

Comunque sì, sono stati sacrificati dei topi,

ma per condurre una ricerca simile sull'uomo sarebbero da fare dei sacrifici umani.
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#351 Messaggio da leggere da desertstorm » venerdì 12 aprile 2013, 21:39

news n° 182

Prendiamo con le pinze questa notizia, anche se qualcosa di vero secondo me c'è.

FONTE: Libero
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#352 Messaggio da leggere da jpm » venerdì 12 aprile 2013, 21:54

L'articolo originale dice che un caso di morte su 100 per obesità potrebbe essere causato dall'assunzione di bevande dolci.
Non è stato svolto alcun studio, hanno preso i dati sulla pubblicizzazione delle bevande e li hanno incrociati con le statistiche dei decessi...
Dovrebbero cambiare il titolo in "Lo studio sciocc dei giornalisti italiani" :sorry:
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#353 Messaggio da leggere da NickStick » sabato 13 aprile 2013, 19:48

jpm ha scritto:L'articolo originale ...
...eccolo qui:

http://newsroom.heart.org/news/180-000- ... oft-drinks
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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#354 Messaggio da leggere da desertstorm » domenica 28 aprile 2013, 8:45

news 183 (1):

Un nuovo appello del premio Nobel all'Italia sul caso Stamina

IL PREMIO NOBEL PER LA MEDICINA SHINYA YAMANAKA LANCIA UN INVITO AL LEGISLATORE ED ALLE ISTITUZIONI ITALIANE DI ASCOLTARE LE PREOCCUPAZIONI DEGLI SCIENZIATI SUL CASO STAMINA

Per la seconda volta il Premio Nobel Yamanaka interviene sul caso italiano dell'uso delle staminali.
Shinya Yamanaka, Presidente della Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali (ISSCR), ha invitato il legislatore italiano "ad ascoltare le preoccupazioni degli scienziati di tutto il mondo riguardo alla somministrazione prematura di trattamenti non provati a base di staminali e a riconoscere l'Importanza della supervisione delle autorità regolatorie".



Yamanaka, premiato proprio per le ricerche sulle staminali, lancia un appello alle istituzioni italiane per non ignorare le leggi che esistono per tutelare i pazienti sottoposti a nuove terapie a base di staminali.
Lo scienziato sottolinea "l'importanza della supervisione regolatoria ai vari livelli dello sviluppo di nuove terapie cellulari con staminali e la necessità di sperimentare questi trattamenti in studi clinici controllati".

Negli altri paesi le cellule staminali come altri prodotti cellulari profondamente manipolati al di fuori del corpo prima di essere somministrati ai pazienti, sono trattati come farmaci e quindi soggetti al controllo delle Agenzie regolatorie come la Food and Drug Administration (FDA e l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).



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(2)

Il punto della situazione dall'Associazione Coscioni sul Metodo Stamina

LETTERA APERTA ASSOCIAZIONE COSCIONI AI MEDIA (E NON SOLO) PER FARE CHIAREZZA SULLA QUESTIONE CHE VEDE COINVOLTI PAZIENTI DESIDEROSI E UN METODO STAMINA ASSENTE DA QUALSIASI PUBBLICAZIONE

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Da oltre dieci anni l'Associazione Luca Coscioni si batte affinché anche in Italia si affermino i valori conoscitivi e morali che l'uso del metodo scientifico porta nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie; ritiene, altresì, che gli avanzamenti della ricerca, insieme alla sensibilizzazione della politica e delle istituzioni, siano il presupposto per garantire il diritto fondamentale dei malati e dei disabili alle cure e ai mezzi necessari per condurre una vita dignitosa.
Fu proprio Luca Coscioni a lanciare l'idea di un'alleanza tra malati e scienziati, per l'affermazione nella società di questi principi ed obiettivi. Risulta preoccupante la mancanza di equilibrio con cui si utilizzano nella comunicazione la fragilità e la sofferenza di alcune famiglie, mentre si ignora del tutto la presa di posizione pubblica, lucida, e serena di numerose altre famiglie sempre di malati che chiedono che siano rispettate le norme di sicurezza italiane a garanzia dei propri cari malati (si veda, ad esempio, la posizione espressa dalle famiglie dei malati di Sma).
E' scorretto da una parte di alcuni mezzi di informazione utilizzare in modo strumentale dichiarazioni e fatti che creano solo discredito scientifico nei confronti di ricercatori che chiedono rispetto dei malati e della scienza. Chi affronta temi di tale delicatezza e complessità dovrebbe documentarsi e informare responsabilmente. Questo sarebbe un servizio di utilità sociale ed è questo che le persone si aspettano. Alcuni media non lo fanno e costruiscono trasmissioni volte a denigrare gli scienziati, ad ignorare i familiari di malati, a suscitare emotività partendo da malattie che producono tragedie familiari e per far credere che Stamina, con i medici che se ne occupano, abbiano in mano una cura per decine di patologie incurabili.
Sembra quasi che esistano buoni e cattivi genitori e buoni e cattivi ricercatori: non è così e la conoscenza dei fatti senza assunzione di posizioni precostituite contribuirebbe sicuramente a far emergere la verità.



Da un approfondimento della questione dovrebbe emergere che:
- non esiste 'un metodo Stamina' in nessuna pubblicazione scientifica;
- l'unica sperimentazione del metodo Stamina è stata condotta all'ospedale Burlo Garofolo di Trieste e pubblicata su Neuromuscular Disorders a dicembre 2012. Lo studio è firmato da Marco Carrozzi e Alessandro Amaddeo che, da dicembre 2010 a dicembre 2011, hanno seguito cinque bambini malati di SMA (atrofia muscolare spinale) tra i 3 e i 20 mesi di età. Dopo sei somministrazioni di cellule con il metodo Stamina, due bambini sono morti e gli altri non hanno registrato miglioramenti (ma neanche effetti collaterali);
- non esiste nel brevetto di cui parlano i propugnatori del metodo, ovviamente non approvato, alcuna descrizione di novità scientificamente rilevanti;
- i propugnatori di tale presunto metodo non possiedono le competenze medico-scientifiche specifiche necessarie anche solo per pensare di potere proporre trattamenti cellulari innovativi sull'uomo, non avendo alcuno di loro mai pubblicato su riviste scientifiche internazionali studi sulle cellule staminali mesenchimali e sulle loro potenziali applicazioni cliniche;
- non esiste al momento alcuna 'terapia con staminali' per malattie neurologiche gravissime e tra loro diverse, né come terapia né come uso di 'staminali': se e quando ci saranno terapie arriveranno grazie alle prove di efficacia dirette e documentate che la ricerca fornirà;
- non è provato che l'iniezione di preparati sconosciuti e non documentati, resa possibile per le carenze della legislazione italiana relativamente alla sperimentazione delle terapie avanzate, abbia alcun effetto. Infatti, tutte le indicazioni riferite sono aneddotiche e non attendibili in quanto non documentate da follow up dei pazienti pubblicati su riviste mediche né disponibili per una ispezione da parte di esperti indipendenti;
- le infusioni su ordine dei tribunali non sono gratuite, ma sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale nonostante il blocco effettuato dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco)e il parere negativo degli esperti di un organismo ministeriale tecnico, l'ISS (Istituto Superiore di Sanità);
- in assenza di procedura approvata, a chi saranno comunicati eventi avversi che potrebbero verificarsi? Le 'staminali' sono oggetti biologici complessi ed eterogenei. E' diseducativo, oltre che irresponsabile, che ne discettino persone senza la dovuta competenza. In questo modo si veicola al pubblico non la necessaria divulgazione di conoscenze scientifiche ma una percezione deformata di concetti e dati scientifici. E' quindi fondamentale il ruolo di una stampa responsabile, che non assuma la funzione di tifoseria ma che riporti la questione come realmente è, soprattutto mostrando documenti e dati. L'Associazione Luca Coscioni è dalla parte dei malati, degli scienziati e dei medici impegnati a sviluppare terapie sicure ed efficaci, e che chiedono normative rigide per impedire abusi ai danni dei pazienti sulla base di illusioni mascherate da mistificata compassione. Chiediamo in conformità con quanto previsto dalle leggi vigenti in materia di informazione, vale a dire nel rispetto dei principi di completezza, obiettività, imparzialità e pluralismo che nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento si riferiscano anche le posizioni della comunità scientifica in riferimento al cosiddetto trattamento Stamina. La parzialità del modo in cui i media televisivi stanno dando conto della vicenda non può non influire sulle vite dei malati e forse persino sulla ricerca scientifica.


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(3)

Metodo Stamina bocciato da ufficio brevetti USA

LE PREOCCUPAZIONI DI ELENA CATTANEO SULL'APPROVAZIONE IN SENATO DEL DECRETO ALL'AUTORIZZAZIONE DEL METODO VANNONI ED IL CONFRONTO CON LA FDA E LA LEGISLAZIONE USA

[/b]

Il decreto sulle cure con cellule staminali secondo il metodo Stamina ha appena incassato il primo sì in Senato, ma il metodo al centro della vicenda era stato 'bocciato' nel 2010 dall'ufficio brevetti Usa nel corso dell'esame preliminare. E' quanto si legge nel documento dello Us Patent Office intitolato 'Pre final rejection' e relativo alla domanda di brevetto presentata da Stamina, esaminato dall'Adnkronos Salute. Insomma, l'esame da parte dell'ente statunitense ha portato a una bocciatura preliminare, notificata ai richiedenti e ora pubblica. Dunque, volendo, ora anche altri ricercatori o società potrebbero commercializzare il metodo al centro di un aspro dibattito in Italia, in quanto il brevetto non è stato concesso. Nel frattempo da Stamina è stata chiesta una Time Extension: una estensione del tempo necessario prima di avere la final opinion. In questo modo il brevetto resta 'pending', e a patto che si continui a pagare il relativo fee ogni tre o sei mesi, la domanda può restare pending e dunque 'in attesa di giudizio' anche per anni. Ma ricostruiamo i passi della vicenda 'americana', documenti alla mano: tra ottobre e dicembre 2010 Stamina sottopone all'Epo (ufficio europeo brevetti) e allo Us patent office due richieste di brevetti (Extraction process for mesenchymal stromal stem cells USA deposit n12964938; deposited EU n.

10 194594; Differentation process of mesenchymal stem cells therapeutic use thereof USA deposit n 12964941; deposited EU n 10194588.9). Il file sottomesso a Epo, come hanno già detto dalla Fondazione Stamina, è poi stato ritirato. Mentre andando sul sito dello Us patent office (http://portal.uspto.gov/pair/PublicPair) e inserendo il codice di uno dei due testi di richiesta brevetto si riesce a ricostruire tutta la vicenda americana: dalla domanda al parere preliminare ('No claims allowed'), alla richiesta presentata da Stamina l'11 maggio 2012 di rinuncia al brevetto e di evitare la pubblicazione del testo (Express abandonment and petition for non publication under 1.138). Una domanda 'tardiva' per l'ufficio brevetti Usa, che dunque risponde picche (il 23 maggio 2012). Quindi a settembre dello stesso anno Stamina chiede e ottiene un'estensione di tempo di tre mesi. I documenti arrivano a gennaio 2013, dunque ora la richiesta di estensione potrebbe essere reiterata o meno. Resta da vedere cosa deciderà Stamina, ma in ogni caso finchè un brevetto resta 'pending' chiunque potrebbe commercializzare quel prodotto.

"Quando ad una domanda di brevetto viene risposto 'No Claims Allowed', significa che il valore delle idee, delle ipotesi e dei risultati contenuti nella domanda è uguale a zero". Tiene a precisarlo Elena Cattaneo, direttore del Centro ricerca staminali dell'università degli Studi di Milano, in merito alla 'bocciatura' del metodo Stamina da parte dell'Ufficio brevetti americano, nel 2010 durante l'esame preliminare della richiesta, il cui responso è ora pubblico. Il 'semaforo rosso' da Oltreoceano dimostra che quello proposto da Davide Vannoni è "un 'non-metodo' - afferma Cattaneo all'Adnkronos Salute - relativo a un trattamento non provato, privo di alcun razionale, privo di alcuna prova preclinica circa la sua presunta efficacia". E attenzione, aggiunge la scienziata all'indomani del via libera del Senato al Dl Balduzzi, che ora passerà alla Camera: "Un governo che autorizzi come erogabile dal Servizio sanitario nazionale un simile preparato non identificato e inefficace, sviluppato con un 'metodo' bocciato, per la sua inconsistenza, anche dall'Ufficio brevetti americano, si assume grosse responsabilità in materia di tutela della salute".







COMMENTO PERSONALE:

Io non riesco a capire per quale motivo un genitore consapevole che il suo bimbo, PER LA MEDICINA "RICONOSCIUTA", è destinato in poco tempo a morte certa, non possa provare una cura
(che finora non ha prodotto nessun peggioramento in chi la eseguito, se non l'illusione dei genitori: ma questo i genitori lo sanno)
alternativa e, lo dico ancora una volta, LEGALI nel nostro paese.

Sono sempre più convinto che le case farmaceutiche ci stanno sguazzando dietro e stanno facendo i salti mortali per tentare di farci una fortuna .

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#355 Messaggio da leggere da desertstorm » giovedì 9 maggio 2013, 14:00

news n° 184

Scoperto il gene responsabile di una rara distrofia muscolare

RICERCATORI DEL TIGEM DI NAPOLI CHIARISCONO LE BASI DELLA DISTROFIA DEI CINGOLI DI TIPO 1F TRAMITE TECNICHE DI SEQUENZIAMENTO DI ULTIMA GENERAZIONE

[/b]



Identificato il difetto genetico alla base di una rara forma di distrofia muscolare dei cingoli, quella di tipo 1F: a descriverlo sulle pagine di Plos One è stato un gruppo di ricercatori dell'Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli, guidati da Vincenzo Nigro, che si sono avvalsi delle più sofisticate tecnologie di sequenziamento del genoma oggi a disposizione.

"Come suggerisce anche il nome, questa malattia porta a una progressiva debolezza dei muscoli dei cingoli pelvico e scapolare, compromettendo così la capacità di sollevare pesi e camminare" spiega Nigro. "Riconoscerla e diagnosticarla correttamente, però, non è facile, perché è molto eterogenea sia nella sua manifestazione clinica – età di insorgenza e gravità variano molto da un paziente all'altro – sia dal punto di vista genetico. Ancora oggi, nel 40 per cento dei casi non è possibile identificare lo specifico gene alterato nel paziente: questo non è velleitario, perché una precisa diagnosi molecolare innanzitutto conferma il tipo di patologia, poi dà informazioni su come evolverà nel tempo e permette di effettuare la consulenza genetica agli altri componenti della famiglia".

Analizzando così il patrimonio genetico di 64 individui di una famiglia italo-spagnola affetti da una forma di distrofia dei cingoli dalle basi genetiche ancora sconosciute, Nigro e il suo team hanno identificato il responsabile in un gene localizzato sul cromosoma 7, quello di una proteina chiamata Transportina 3.

I pazienti con questa mutazione presentano, oltre ai segni tipici della distrofia dei cingoli, debolezza facciale, disfagia, disartria, atrofia e contrattura dei muscoli delle mani, come descritto dai colleghi dell'Università di Padova guidati da Corrado Angelini. L'analisi genetica è stata possibile grazie alle apparecchiature all'avanguardia disponibili presso l'Istituto Telethon di Napoli, quelle per il cosiddetto "next-generation sequencing".

"Grazie a questi approcci di straordinaria potenza oggi possiamo analizzare grandi quantitativi di Dna in tempi relativamente rapidi" continua Nigro. "Basti pensare che lo storico Progetto genoma umano ha richiesto ben 10 anni e 3 miliardi di dollari per arrivare al sequenziamento del patrimonio genetico dell'uomo. Oggi con i nostri macchinari possiamo analizzare in soli dieci giorni la parte codificante del genoma di 48 individui contemporaneamente, per un costo dei reagenti che non supera i 38mila euro. In pratica, il Dna viene spezzettato, selezionato, sequenziato e poi "ricomposto" al computer per determinare la completa sequenza di lettere". Questo lavoro di analisi è molto delicato e richiede alte competenze di bioinformatica per leggere i dati e trarne delle conclusioni corrette: al Tigem di Napoli ci sono ricercatori specializzati proprio in questo, come Margherita Mutarelli, tra gli autori dello studio.

"Il risultato di questo lavoro è importante innanzitutto per le famiglie, cui possiamo finalmente fornire una diagnosi molecolare corretta, ma anche per la ricerca: quello messo in luce è un meccanismo patologico del tutto nuovo, che potrebbe spiegare anche altre malattie simili che colpiscono i muscoli" conclude Nigro. "Il nostro lavoro, grazie anche al supporto di Telethon, continuerà quindi lungo due binari: da un lato chiarire il ruolo della proteina che abbiamo identificato come responsabile della forma 1F di distrofia dei cingoli, dall'altra utilizzare questa stessa tecnologia per andare alla ricerca dei geni responsabili delle forme ancora "orfane" di questa malattia. Ricordiamoci infatti che anche tra le malattie rare ce ne sono alcune più trascurate di altre, per le quali cioè non manca soltanto una cura efficace, ma anche una conoscenza minima di base".

FONTE:
A. Torella, M. Fanin, V. Nigro, et al. "Next-generation sequencing identifies Transportin 3 as the causative gene for LGMD1F".
PLOS One (2013) In press

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#356 Messaggio da leggere da desertstorm » venerdì 17 maggio 2013, 14:44

news n° 185

Una nuova terapia per combattere l'obesità e il diabete

DUE PROFESSORI CREDONO DI AVER TROVATO UNA BASE SULLA QUALE SVILUPPARE UNA NUOVA TERAPIA PER L'OBESITÀ E IL DIABETE



Il progetto intitolato i2MOVE ("Intelligent implantable modulator of vagus nerve function for treatment of obesity") è coordinato da due professori dell'Imperial College di Londra: Christofer Toumazou del Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica e Sir Stephen Bloom del Dipartimento di medicina. Le competenze dei due professori nel campo della bioingegneria e dell'endocrinologia stanno confluendo nella creazione di un dispositivo che imita la risposta del nervo vago, che collega il cervello a tutto il resto, la lingua, la faringe, le corde vocali, i polmoni, il cuore, lo stomaco e l'intestino. Il dispositivo è progettato per sopprimere l'appetito del paziente.

Con un contributo iniziale del Consiglio europeo della ricerca (CER) di oltre 7 milioni di euro, il progetto quadriennale sta già compiendo progressi. Finora hanno sviluppato una combinazione di ormoni usando glucagone e peptide 1 glucagone-simile (GLP-1), che ha un ruolo chiave nella regolazione dei livelli di zucchero nel sangue e aiuta a ridurre l'appetito. Questo potrebbe essere la base di una nuova terapia per l'obesità e il diabete in futuro.

Il glucagone funziona in opposizione all'insulina, prevenendo l'accumulo di glucosio nei depositi di grasso e nel fegato e provocando l'innalzamento dei livelli di zucchero nel sangue.

Il GLP-1 stimola il rilascio di insulina per abbassare lo zucchero nel sangue e agisce anche sul cervello per ridurre l'appetito.

L'obiettivo principale del progetto è combattere l'obesità, un disturbo considerato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) una delle maggiori sfide della salute pubblica del XXI secolo. Oltre il 23 % degli europei sono considerati obesi e solo i costi sanitari hanno superato i 10 miliardi di euro nel 2010. Le terapie esistenti come la chirurgia sono considerate poco efficaci ed è per questo che il team di ricerca di i2MOVE crede che la stimolazione elettrica del nervo vago potrebbe essere efficace se associata a una registrazione intelligente. Si tratta di un impianto intelligente che registra i segnali vagali associati al rilascio dell'ormone quando si mangia. È progettato per stimolare il nervo e modulare questi segnali in modo da regolare meglio l'appetito.

Il prof. Bloom, insieme al suo team di ricerca, si è proposto di determinare se glucagone e GLP-1 immessi nel sangue siano in grado di lavorare insieme per ridurre l'appetito. Nello studio da lui condotto, 16 volontari hanno ricevuto una sequenza di quattro trattamenti: glucagone, GLP-1, glucagone e GLP-1 insieme e soluzione salina come controllo. L'ordine dei trattamenti è stato determinato in modo casuale. Ogni trattamento è stato somministrato attraverso una flebo in un periodo di due ore. Dopo la prima ora e mezza, a ogni volontario è stato offerto un pasto. I ricercatori hanno registrato quanto i volontari hanno mangiato e hanno misurato il loro dispendio di energia e i livelli di zucchero nel sangue. I risultati hanno rivelato che i soggetti avevano mangiato il 13 % di calorie in meno dopo la somministrazione dei due ormoni insieme, rispetto alla soluzione salina, ma non si è registrata alcuna differenza significativa dopo aver assunto uno degli ormoni separatamente.

I volontari trattati con l'associazione di glucagone/GLP-1 consumavano notevolmente meno cibo, secondo il professor Bloom. Questi risultati confermano i risultati ottenuti dal team sugli animali e suggeriscono che l'associazione glucagone/GLP-1 potrebbe essere un fattore promettente a partire dal quale sviluppare nuove cure per obesità e diabete.

"Il tredici per cento è una riduzione considerevole dell'assunzione di cibo secondo qualsiasi standard, ma il nostro esperimento non è che un aperitivo", sottolinea. "Una cura efficace dovrà ridurre l'appetito a lungo termine, il nostro prossimo obiettivo quindi è stabilire se gli effetti possono essere sostenuti fino a portare a una vera perdita di peso".

FONTE: Cordis

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#357 Messaggio da leggere da desertstorm » giovedì 6 giugno 2013, 23:02

news n° 186-1

In corso un'importante sperimentazione clinica sul morbo di Alzheimer

LO STUDIO NILVAD CERCA DI CAPIRE SE AGIRE SULLA PRESSIONE SANGUIGNA PUÒ RALLENTARE O ARRESTARE LA PROGRESSIONE DEL MORBO DI ALZHEIMER


È attualmente in corso una sperimentazione clinica potenzialmente rivoluzionaria che mira a scoprire se il trattamento farmacologico della pressione sanguigna può rallentare o arrestare la progressione del morbo di Alzheimer (AD). Si tratta del più recente tra gli studi finanziati dall'UE pubblicati per dare risalto al Mese europeo del cervello.

Questo importante studio durato 18 mesi è denominato NILVAD ("Nilvadipine in Alzheimer's Disease") e ha ricevuto un finanziamento di 6 milioni di euro dal Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico. A condurre il progetto quinquennale a un livello internazionale è il professor Brian Lawlor, del Trinity College di Dublino. I suoi interessi di ricerca si concentrano sulla scoperta precoce, la diagnosi e la cura dell'AD, oltre che sulla neurobiologia e il trattamento di sintomi comportamentali e psicologici nella demenza e nei disturbi mentali.

Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza e causa problemi alla memoria, al pensiero e al comportamento.

Sebbene esistano circa 100 differenti tipi di demenza, l'AD è la forma più comune e colpisce il 62 % di coloro che soffrono di demenza. La malattia colpisce oltre 15 milioni di individui in tutto il mondo e circa 5 milioni di europei. Di conseguenza, essa rimane una delle malattie più costose della società, con una spesa che supera i 440 miliardi di euro ogni anno.

Il suo aumento è attribuito ai progressi compiuti nella sanità pubblica e nelle cure mediche, che permettono alle persone di vivere molto più a lungo rispetto al passato. Mentre nella fascia d'età tra i 70 e 79 anni una persona su 25 soffre di una qualche forma di demenza, tra la popolazione ultraottantenne si arriva a una persona ogni sei.

Tuttavia, il professor Lawlor si augura che la collaborazione con esperti del morbo di Alzheimer provenienti da dieci paesi si dimostri un successo, in considerazione del fatto che dal 2002 non si dispone di nuovi farmaci per la malattia. Ciò malgrado molte promettenti linee di ricerca che sono finite in nulla.

Finora il progetto NILVAD ha mostrato di non essere solo una speranza. Il farmaco, la nilvadipina, è già stato approvato per l'uso umano nelle malattie cardiovascolari, e una sperimentazione pilota ha dimostrato che potrebbe essere sicuro nel trattamento del AD.

Il professor Lawlor dice: "Noi stiamo tentando di capire se altera la velocità di avanzamento della malattia. I test su animali hanno dato risultati promettenti e anche la precedente sperimentazione pilota ha dato un segnale di efficacia".

La sperimentazione verrà effettuata su pazienti di sesso maschile e femminile, di età compresa tra 50 e 90 anni, con forme di AD da leggere a moderate. Si spera che, se la sperimentazione avrà successo, la nilvadipina possa rappresentare un progresso nel trattamento dei pazienti affetti da AD. Ciò che più conta è che esso avrebbe un importante impatto sui costi sanitari e delle cure sociali che questa malattia neurodegenerativa causa in Europa.

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news n° 186-2

Una nuova speranza grazie a un vaccino per l'Alzheimer

IN SPERIMENTAZIONE VACCINI OTTENUTI USANDO PEPTIDI TRONCATI CONTRO LA PROTEINA BETA AMILOIDE


La ricerca sul cervello ha fatto passi avanti senza precedenti nel corso degli anni e l'Europa è in prima linea per quanto riguarda i progressi scientifici. Ma si può fare di più. A dirlo è Alzheimer's Disease International che ha pubblicato una relazione sull'impatto economico globale della demenza. Secondo le loro stime, se le cure per la demenza fossero un paese, sarebbero la 18esima economia mondiale, con un posto in classifica tra la Turchia e l'Indonesia.

Il progetto europeo MIMOVAX ha grandi speranze di fare un significativo passo avanti in questo importante campo della ricerca medica. Il morbo di Alzheimer è un disturbo del cervello progressivo, degenerativo e irreversibile che causa disabilità intellettuale e disorientamento. Non essendoci cure efficaci, il team di MOMOVAX si è proposto di sviluppare un vaccino che possa assicurare una terapia sicura ed efficace e in definitiva fermare il progresso di questa malattia disabilitante.

MIMOVAX è un Progetto di ricerca con un obiettivo specifico (Specific Targeted Research Project o STREP) e punta ai peptidi troncati A?40/42 - derivati dalla Proteina precursore dell'amiloide (PPA) - attraverso l'immunizzazione attiva.

Il team si è occupato in particolare dell'uso delle reazioni immunitarie per combattere proteine beta amiloide (BA) conosciute e meno conosciute, che si pensa siano la causa della malattia.

L'iniziale progetto triennale (prolungato di altri 15 mesi per completare gli obiettivi clinici) è stato coordinato dall'azienda austriaca AFFiRiS AG. Il consorzio ha raggruppato altre tre aziende industriali, due università e una clinica, con un totale di 20 scienziati. Il progetto ha ricevuto finanziamenti per 4,3 milioni di euro, 2,4 dei quali provenivano dalla Commissione europea.

Nel corso di MOMOVAX, sono stati identificati diversi potenziali vaccini per l'Alzheimer, che mostravano la capacità di ridurre il carico di placca amiloide e di alleviare i segni caratteristici patologici della malattia nel cervello dei modelli animali. Inoltre, secondo il team di ricerca, una vaccinazione usando i candidati vaccini per l'Alzheimer, migliorava la memoria spaziale e l'apprendimento in animali transgenici, mostrando quindi le potenzialità per alterare la progressione della malattia in questi modelli. Questi esperimenti hanno portato all'identificazione del vaccino AD03 come candidato per i test clinici.

Il dott. Markus Mandler, coordinatore scientifico presso la AFFiRiS AG, spiega: "Uno studio clinico usando AD03 è stato condotto su 24 pazienti anziani con una forma leggera del morbo di Alzheimer. Nel corso di 12 mesi abbiamo studiato la sicurezza e la tollerabilità del vaccino. Abbiamo poi seguito i pazienti per altri 12 mesi per valutare il loro comportamento. I risultati di questi test sono attualmente in fase di valutazione e dovremmo avere l'analisi finale tra un paio di mesi".

Aggiunge: "Una volta esaminati i risultati completi decideremo se continuare i test clinici, che infine porteranno a studi e dati che possano essere presentati alle autorità per la revisione e l'approvazione".


FONTE: Cordis

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COMMENTO PERSONALE:

Una delle peggiori, o forse la peggiore, malattia della terza età. Spero proprio che questa sia la strada giusta.

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#358 Messaggio da leggere da drillo65 » venerdì 21 giugno 2013, 14:28

La prima mappa 3d del cervello:
ecco il progetto europeo Big Brain



È la copia digitale più fedele del cervello umano. Si chiama Big Brain ed è la prima mappa 3D del nostro organo più misterioso. Grazie alla sua elevatissima risoluzione, questo nuovo strumento consente di osservare ogni singolo e microscopico dettaglio, superando di gran lunga gli attuali modelli di cervello ancora troppo grossolani. A riuscire in questa impresa titanica è stato un gruppo di ricercatori tedeschi e canadesi, coordinati da Katrin Amunts, del Centro di ricerche tedesco Julich e dell’Università Heinrich Heine a Dusseldorf. Il lavoro è stato descritto sulla rivista Science.
La nuova mappa 3D è talmente precisa e sofisticata che permetterà di studiare forma e funzione del cervello con un livello di dettaglio mai raggiunto prima: dalle connessioni all’anatomia, compresi dettagli finora inaccessibili anche al microscopio. In pratica, questo strumento ha il potenziale per rivoluzionare il lavoro di tutti i neuroscienziati del mondo. Utilizzando questo modello, infatti, sarà possibile studiare il cervello a livello cellulare e potrà aiutare a comprendere come si sviluppano alcune malattie cerebrali. E anche a sviluppare eventuali cure e a comprendere meglio come funzionano i processi che controllano cognizione, linguaggio, emozioni e le disfunzioni collegate.

LA TECNOLOGIA

«Gli autori hanno spinto i limiti della tecnologia attuale», commenta Peter Sterm editor senior della rivista. «Questa risoluzione spaziale supera di 50 volte quella degli attuali modelli di riferimento del cervello». Per questo avrà delle ricadute importanti per la ricerca sul cervello. «Ridefinisce le mappe tradizionali, realizzare a partire dagli inizi del ‘900 e basate sull’analisi visiva» osserva Amunts.
Arrivare a questo risultato è stato un vero e proprio «tour de force», ammettono gli scienziati. Proprio perché la struttura del cervello è molto complessa.
«In conseguenza della sua evoluzione - spiega Amunts - la corteccia cerebrale umana è pesantemente piegata. Pertanto in alcuni settori, le tecniche di imaging come la risonanza magnetica riescono a determinare in maniera molto imprecisa il suo spessore». Ma i ricercatori sono riusciti a superare i limiti, riproducendo in modo eccezionale distorsioni e avallamenti. Per farlo hanno tagliato il cervello di una donna di 65 anni in oltre 7.400 sezioni dello spessore di 20 micrometri. Ogni sezione è stata poi digitalizzata e riallineata, l’una dopo l’altra, per ricostruire il modello 3D dell’organo. La mappa è stata ottenuta utilizzando uno strumento chiamato microtomo, per mezzo del quale vengono realizzate sezioni dei campioni di tessuto.
Ci sono volute oltre 1.000 ore solo per raccogliere i dati. Una fatica, questa, che gli studiosi hanno voluto condividere liberamente con i colleghi di tutto il mondo: gli autori, infatti, hanno messo questo «atlante» del cervello a disposizione gratuita di tutta la comunità scientifica.

IL PRIMO PASSO

«Con l’aiuto del nostro modello – sottolinea Amunts - possiamo acquisire una nuova comprensione della normale struttura delle diverse aree del cervello e delle loro proprietà. Ciò contribuirà alla precisa identificazione e valutazione dei cambiamenti che avvengono nel cervello dei pazienti».
Ma la nuova mappa 3D è solo il primo passo di un progetto ben più ampio e ambizioso. Il lavoro infatti rientra nell’ambito dell’European Human Brain Project, il progetto finanziato con 1,2 miliardi di euro dalla Commissione Europea che ha come obiettivo quello di realizzare in un supercomputer una sorta di «cervello artificiale virtuale». Questo simulatore, che sarà pronto entro 10 anni, servirà ad analizzare il cervello a livello molecolare e nelle interazioni fra le sue diverse regioni.
Svelare i segreti del cervello umano non è però solo un’ambizione della comunità scientifica europea. Qualche mese fa il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, lanciò il progetto Brain: un’iniziativa su cui gli americani hanno già investito 100 milioni di dollari. La sfida Europa-Usa è aperta, ma il Vecchio Continente sembra già in netto vantaggio.
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E ricordate: Le SAAB non sono automobili,sono aerei che volano molto basso!

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#359 Messaggio da leggere da NickStick » venerdì 21 giugno 2013, 22:15

drillo65 ha scritto:

La prima mappa 3d del cervello:
ecco il progetto europeo Big Brain

...
Interessante:

Ecco il Video...



...e il link alla richiesta di una login per poter visualizzare la mappa (solo per medici o scienziati).

https://bigbrain.loris.ca/main.php
Immagine "Una Saab per sempre nel cuore" 10 Saab in famiglia dall'82 al 2017.

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Re: NEWS DAL MONDO DELLA MEDICINA

#360 Messaggio da leggere da desertstorm » lunedì 22 luglio 2013, 7:53

news 188

Silenziato il cromosoma extra della sindrome di Down

PER LA PRIMA VOLTA È STATA NEUTRALIZZATA IN PROVETTA LA TERZA COPIA DEL CROMOSOMA 21 RESPONSABILE DELLA SINDROME DI DOWN CON UN GENOME EDITING E L'AZIONE DEL GENE XIST





Per la prima volta è stata neutralizzata in provetta la terza copia del cromosoma 21 responsabile della sindrome di Down. Nell'ordine di un bambino su mille nasce oggi con la Sindrome di Down, un disordine genetico causato dalla presenza di una mutazione cromosomica in cui è presente una terza copia del cromosoma 21.
I dati genetici superflui causano disabilità nell'apprendimento, un aumento nel rischio di malattie del sangue e intestinali ed un incremento anche nel rischio di demenza durante la vita. Ma un nuovo radicale trattamento potrebbe essere la chiave per spegnere l'attività del cromosoma 21 in più.

I ricercatori della University Massachusetts guidati dal Dr. Jeanne Lawrence hanno appena pubblicato alcuni studi eccitanti su Nature, suggerendo nuovi potenziali trattamenti per la sindrome di Down.

Gli scienziati hanno usato una tecnica conosciuta come "genome editing" per inserire il gene XIST nel cromosoma extra di una cultura cellulare dei pazienti con sindrome di Down. XIST è un gene fondamentale nello sviluppo dell'embrione ed il suo ruolo principale consiste nel "dosage compensation" silenziando il secondo cromosoma X della madre. Lawrence ha utilizzato proprio questa carattistiche contro il cromosoma 21.

Dopo aver inserito XIST nel cromosoma extra si osserva che le colture cellulari hanno una crescita più forte e e veloce. La squadra di Lawrence spera che un giorno possa alleviare i deficit e la demenza che ha circa il 60% delle persone affette da sindrome di Down .

Questa tecnica ha per altro già mostrato alcune possibilità con malattie simili come la sindrome Edward (trisomia del cromosoma 18) e la sindrome Patau (trisomia del 13esimo cromosoma).
Come lo studio di Nature esclama, questo potrebbe essere "il primo passo verso lo sviluppo di una potenziale terapia cromosomica".
"E' una possibilità a lungo raggio -ed è una possibilità incerta- di terapia cromosomica per la sindrome di Down", Spiega Lawrence al The Guardian. "Ma è a 10 anni o più di distanza. Non voglio dare false speranze alle persone".

FONTE:
"Translating dosage compensation to trisomy 21". Nature (2013)

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